Racconto liberamente ispirato dalla gara ciclistica sulla famosa strada sassosa 

Non fidatevi di quel rurale sentiero sterrato che conduce tra i campi di grano alla massiccia cascina di mattoni rossocerancio (come tutte le case del paesino) adagiata sul famoso basolato del ciclismo, perché come dice la canzone « se non è amore… o piuttosto l’inferno di Dante… è molto simile » (torneremo su questo più tardi).

Siamo quindi al « bivio dell’albero » perché dietro la cascina c’è un ampio prato con una vecchia quercia centenaria circondata da polli che si pavoneggiano ovunque (galline, oche, anatre e tacchini). La storia di Mauro non ha inizio in un castello nobiliare con persone dal « palato fine », è una storia contadina; aveva portato avanti l’osteria degli avi con il nome « L’oca d’oro », dove la gente si sentiva a casa, creando una piccola stanza con un tavolino per giocare a carte accanto al camino sempre acceso per il freddo, così come le candele per il buio. Al soffitto erano appesi alcuni salumi da sempre.

Ci incontravamo lì, agricoltori al ritorno dai campi e cacciatori di lepri prima di rientrare a casa al calare del sole, quando l’osteria si avvolgeva nella nebbia.

Aveva anche allestito una sala da pranzo dove alcuni venditori ambulanti venivano a presentare le loro solite merci: merceria, ago da cucito e filo, lana, calendari e romanzi per casalinghe.

Venivano anche a cenare il vecchio farmacista vedovo e il giovane maestro di scuola inviato quì lontano dalla sua città, sempre triste a causa dell’inverno anticipato.

Tutta questa gente faceva il suo mestiere e la trattoria « L’oca d’oro » tirava avanti fino al giorno in cui si tenne un raduno pomeridiano per la fiera degli agricoltori.

Mauro si fregò le mani e preparò subito una lepre in salmì con funghi. Ma, al calare del sole, il raduno si disperse improvvisamente a causa dell’arrivo di nubi cupe le cui pance incontinenti stavano per scaricare pioggia e grandine. Il nostro sfortunato Mauro era molto arrabbiato perché aveva cambiato il nome dell’osteria da « L’oca d’oro » al superbo « Il capriolo d’oro ».

La sua lepre in salmì con funghi finì sulla tavola dei venditori ambulanti, che ne furono piacevolmente sorpresi.

Con il passare degli anni, la cascina divenne « il bivio dell’albero », ossia un tratto del famoso e terribile basolato per il ciclismo, la gara dei « Pavés du Nord ». Diventò anche una sorta di « via Francigena » o « cammino di Santiago » per i pellegrini della domenica, tanto che Mauro dovette ampliare la sala da pranzo e perché no, aggiungere alcune camere da letto con bagno e assumere una cameriera affascinante e un cameriere sveglio. Il nostro « Capriolo d’oro » si faceva spazio nella mente di Mauro.

E.S.